Veni, vidi, Vinci
A neanche un’ora da Firenze il paese natio di Leonardo resta
inspiegabilmente una meta per pochi. Ingiustamente escluso dalle
tipiche rotte turistiche della Toscana, il paesino fortificato
regala emozioni superiori alle aspettative. Un viaggio nello
spazio-tempo che lascia a bocca aperta.
Qualche mese fa, nel corso di un incontro con il dott. Daniele
Narducci, segretario e tesoriere della Fondazione Collodi, ho
appreso che il personaggio storico italiano più cercato sui
motori di ricerca di tutto il mondo è Leonardo da Vinci.
L’informazione non mi ha sorpreso, ma celava una critica, perché
in modo inversamente proporzionale il paesino di Vinci, mi faceva
notare Narducci, non gode di pari interesse. Sebbene situato a
neanche un’ora di viaggio da Firenze, questo gioiellino
fortificato, denso di storia ed emozioni, è tutt’oggi escluso
dalle principali rotte turistiche. Me ne sono ricordato in
occasione di un viaggio a Firenze, ospite da amici, che, guarda
caso, partendo da un itinerario sulle colline del Chianti, ci
hanno portato proprio a Vinci. L’impressione di essere arrivati
in un paese dimenticato dalla storia e dai promoter è stata
immediata: niente pullman e orde turistiche, ma solo qualche
sparuto turista straniero. Da un lato desolante, ma dall’altro
esaltante. Una sensazione da pionieri, che però viaggiava in
parallelo al solito tormentone sulla nostra incapacità di
sfruttare a pieno la miniera di storia, archeologia e cultura
sulla quale abbiamo la fortuna di vivere. Critica condivisa dalla
proprietaria del ristorante Leonardo, nel quale ci siamo fermati
per pranzo: “Persino Amboise – paesino francese nel quale è morto
l’inventore più celebre di sempre – riesce a fare meglio di noi”.
Ma per fortuna prende il sopravvento la voglia di godersi questa
tappa “esclusiva”, non per vocazione. E allora via, verso il
Museo Leonardiano.
Prima di raggiungerlo però, ci imbattiamo in un singolare negozio
di ceramiche fatte a mano, che già dalla vetrina, dalla quale è
visibile un forno di cottura, rivela la sua anima artigianale. A
gestirlo è, paradossalmente, un siciliano, vinciano d’adozione,
Antonino Cannatella, con la moglie, il figlio e un amico.
Entriamo e veniamo accolti con una straordinaria umanità e
simpatia, come può accadere solo nei luoghi esclusi dal turismo
di massa. Antonino è arrivato in Toscana da bambino e ha
coltivato il suo sogno con grande devozione e impegno. Le sue
ceramiche sono un trionfo di creatività, gusto e solarità.
Scopriamo che lavora anche conto terzi e che scrivendogli –
antoninocannatella57@live.com – si possono inviare disegni,
foto, o qualsiasi tipo di suggestione grafica, che lui è in grado
di tradurre in un’opera su ceramica. Ma il tempo stringe e
salutati i cordiali ceramisti ci avviamo verso il Museo
Leonardiano.
Dislocato in due siti, il primo nella Palazzina Uzielli, dove si
acquistano i biglietti e il secondo presso il fortificato
Castello dei Conti Guidi, ci soffermiamo prima di entrare sulla
terrazza prospiciente le Alpi Apuane, grazie a un’osservazione
illuminante del nostro amico: gli alti e irregolari rilievi
montuosi, rarefatti da una foschia soffusa, riportano
incredibilmente alle tipiche montagne leonardesche della Vergine
delle Rocce o della stessa Gioconda. Due passi e siamo dentro al
museo. Un viaggio nello spazio tempo : accompagnati da schizzi e
annotazioni manoscritte, transitiamo attraverso l’universo del
più grande genio di ogni tempo. Macchine fluviali, progetti
urbanistici, congegni per la trasmissione del moto e
l’edificazione, e ancora, progetti e realizzazioni di armi da
fuoco e macchinari bellici, studi sull’ottica e la prospettiva,
prototipi della bicicletta fino ai progetti e alle realizzazioni
per l’unico obiettivo non realizzato, il volo. Tempo un paio
d’ore e ci ritroviamo all’uscita del museo, emozionati e
stralunati come astronauti di ritorno da un viaggio
interstellare. Da annotare, di strada, nella piazza retrostante
il Castello, la splendida scultura “l’Uomo di Vinci” di Mario
Ceroli.
Giulio Santuz
