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CATASTE & CANZEI nel borgo trentino di Mezzano

la scorta di legna per l’inverno si fa arte
Un ultimo straordinario orgoglio trentino: un paese –tra i
Borghi più Belli d’Italia- che rivendica fiero il passato e
celebra il rurale trasformandosi in un prezioso museo sotto
il cielo, dove anche le cataste di legna sono d’autore.#

Case ecocompatibili, mobili funzionali, oggetti
d’artigianato, giocattoli senza tempo, sculture artistiche,
il calore del ceppo nel camino e persino un leggendario
burattino… Che cos’altro si poteva chiedere ormai a un pezzo
di legno? O meglio ancora a tanti pezzi di legno? Una nuova
forma d’arte, unica nella sua semplicità. Tanto semplice che
nessuno ci aveva pensato prima. L’idea è venuta
all’amministrazione di Mezzano di Primiero, piccolo, magico
borgo del Trentino. Da qualche anno questo gioiello tra I
Borghi più Belli d’Italia, il cui destino è da sempre legato
al legno e agli altri elementi della natura montana, si sta
popolando di meravigliose cataste artistiche.

Lungo gli stretti vicoli, ai piedi delle antiche facciate,
al cospetto dei tipici ballatoi, nelle piccole piazze, nei
cortili, sotto le scale, negli anditi e sui poggioli la
tradizionale scorta di ceppi per l’inverno si fa bella e
prende forme inattese: restituisce vicende passate, consegna
sogni, reinterpreta eventi storici, racconta dei padroni di
casa.

Si chiama “Cataste e Canzei” e a ogni angolo riserva una
sorpresa: il volto in lacrime, la navetta del telaio (in
paese si nasconde una raffinata tessitura di trame antiche),
la grande pannocchia proprio sopra il pollaio, il paesaggio
di legnetti che pare un intarsio, la rappresentazione di una
canzone popolare, fiori giganteschi, finestrelle tra i
ciocchi da cui pendono pizzi e cascate di gerani…

Fin qui l’iniziativa privata e di talenti locali, ma Mezzano
ha saputo guardare oltre e, attraverso un concorso già molto
accreditato, ogni anno invita artisti affermati perché
realizzino in paese le loro grandi installazioni. Ecco
allora la fisarmonica in tensione che pare una stella, la
clessidra chiusa tra sole e luna a segnare il trascorrere
del tempo e la grande parete che ricorda l’alluvione che
colpì il paese nel 1966. Un dono quello dei canzei, come si
chiamano nel dialetto locale, che si rinnova e trasforma nel
tempo, facendo di Mezzano uno straordinario museo sotto il
cielo che val la pena visitare e rivisitare all’infinito.
Perché non solo acqua, sole e vento rendono le installazioni
sempre un po’ diverse alla vista e al tatto, ma perché ne
spuntano di nuove in continuazione. Al momento sono già 15
questi capolavori di parsimonia, perizia e accuratezza
sparsi per Mezzano. E il prossimo giugno, con una grande
festa, verrà tolto il telo alle opere del 2013.

Un’ultima vittoria per un paese-cameo che ha fatto del
ritorno alla natura e alle radici la propria battaglia, non
solo con scelte consapevoli e responsabili, ma con
l’appassionata realizzazione di altri cinque itinerari
intitolati “Segni sparsi del rurale” e dedicati all’acqua,
agli orti, alle architetture, ai dipinti murali e alle
antiche iscrizioni.

Per informazioni: Comune di Mezzano, tel. 0439.67019,
info@mezzanoromatnica.it e www.mezzanoromantica.it.

LE CATASTE IN PILLOLE, ANZI IN CIOCCHI

L’aluvion di Marco Baj
Un artista poliedrico che dalle calde terre di Puglia è
salito in Trentino per lasciare il suo segno a Mezzano. La
più grande delle installazioni di “Cataste e Canzei” dal
2012 campeggia in paese su una vasta parete di messa in
sicurezza, costruita dopo la tragica alluvione del 1966.
Mascherandone la spoglia funzionalità, ne fa un grande
quadro sotto il cielo che ricorda all’uomo il prezzo da
pagare quando si viola la montagna. Realizzata in legno di
larice rosso, marmo bianco, tufo viestano e ferro si estende
su ben 80 metri quadrati.

El Mantil di Marta Bettega
L’artista vive a Mezzano. Esperta d’arte e restauro, ha al
suo attivo numerose mostre, premi e riconoscimenti. “El
Mantil –spiega- è un tessuto di lino filato dalle donne del
nostro passato”. Nella sua opera ha voluto rendere con il
legno una tovaglia che rappresenti il lavoro manuale ma
anche di meditazione delle tessitrici. Una tela che
intreccia nella sua trama fatica, sogni e rivendicazioni
delle donne.

L’acqua dei stoli di Nicola Degiampietro
L’artista risiede a Fiera di Primiero. Forte di un nutrito
curriculum artistico e di diversi stage presso grandi
maestri, di Mezzano ha voluto valorizzare gli “stoli”,
ovvero i cunicoli utilizzati per convogliare l’acqua
potabile in paese dall’acquedotto. Un omaggio al ruolo
antico dell’acqua, che un tempo veniva molto più rispettata
e al tempo stesso temuta. L’opera non a caso viene
realizzata nel 2011, anno internazionale dell’acqua.

La fisarmonica di Max Gaudenzi
L’artista locale gestisce con la moglie un’esposizione
permanente delle proprie opere a Fiera di Primiero. Per
Mezzano ha realizzato una grande fisarmonica aperta che pare
una stella. Un’opera maestosa che non ha bisogno di
interpretazioni: una fisarmonica diatonica che suggerisce
l’armonia di note melodiche e quella di pezzi di legno che
paiono nati per stare l’uno accanto all’altro come le note
sullo spartito.

Rotonda e Non Rotonda di Roberto Bertazzon
Originario dei colli veneti, l’autore è pittore, scultore e
conceptual designer. Impegnato nella sensibilizzazione al
rispetto dell’ambiente, nel 2011 ha realizzato per Mezzano
due sculture: Rotonda e Non Rotonda.

La funzione del balcone di Alberto Cosner
Un nome un po’ impegnato per un’opera diretta, che colpisce
per la sua sgargiante semplicità: un’enorme pannocchia dai
chicchi pieni e dorati che sembra sbeffeggiare,
irraggiungibile in alto sul suo ballatoio, le galline
ingolosite e stupite del pollaio sottostante. In realtà
l’opera, attraverso la rappresentazione del granturco, vuole
ricordare l’antica funzione del ballatoio, dove le
pannocchie venivano messe ad essiccare al sole. L’artista è
del Primiero, restauratore e disegnatore archeologico.

Navesèla di Lucia di Arteler – Lucia Trotter e Zita Zeni
Una grande navetta di telaio in legno, incastonata nella
catasta da cui dipartono i fili della trama. Una sorta di
mirabile e insolita insegna per un atelier che invece se ne
sta discreto e ritroso in una casupola lì di fronte. Quasi
di nascosto, dai fili di un telaio antichissimo nascono tele
damascate della tradizione primierotta e di un tempo che non
c’è più, salvato dai magici intrecci di Lucia Trotter e Zita
Zeni.

Cerco un centro di gravità permanente di Gianluigi Zeni
Altro artista di Mezzano. Scultore del laboratorio artigiano
di sculture in legno del borgo, ha realizzato una catasta
d’equilibrio: la grande freccia di un blu elettrico richiama
al ciocco verticale in basso, che da solo regge tutta la
scultura, frutto di un incredibile gioco d’incastri e leve.

Free Water di Jimi Trotter
Questo artista locale affida alla copiosa lacrima azzurra su
un volto addolorato la protesta contro la privatizzazione
dell’acqua. Il ben comune si paga (ingiustamente) e l’unica
acqua gratuita che ci resterà, sarà proprio quella del
nostro pianto…

La notte in sogno di Erica Schweizer
Figlia d’arte (i genitori architetti, lo zio grande
pittore), la Schweizer è tra le pochissime firme femminili
di “Cataste e Canzei”. Nella sua opera riprende l’usanza
tradizionale di ricavare nella catasta delle nicchie per
porvi vasi di fiori. Agli spazi lei affida però la sua
personale interpretazione di una canzone popolare amorosa di
questi luoghi. Così tra i ciocchi, oltre a parole, disegni e
citazioni prende vita una deliziosa “casa di bambole”.

Bio-massa di Luciano Orsingher
Da buon artista trentino, Orsingher intende evocare con la
sua opera il sano sentimento della gente di montagna che
obbedisce al ritmo della natura e con saggio fare da formica
ogni autunno si appresta ad accumulare legna per l’inverno,
con gesti operosi e perpetui che rispettano l’ambiente e
sanciscono il suo antico legame con l’uomo. Una catasta
insomma che è monumento alla catasta stessa e infatti consta
solo di ciocchi accumulati, del grande ceppo per il taglio
su cui troneggia, inglobata nell’opera tanto che non la si
vede ma la si intuisce nella sua sagoma vuota, la scure.

El caro de le zercole di Andreino Zugliani
Passato e presente si fondono: sopra un moderno garage, una
sorta di cornicione in legno che porta incastonati una
slitta e un carro, di quelli che usavano guarda caso per
trasportare i tronchi dal bosco e che la sera si
ricoveravano là dove oggi parcheggiamo i mezzi a motore. Un
omaggio ai giorni andati che vuole anche coprire gli
“scempi” di oggi, vestendo il cemento del calore
intramontabile del legno.

Montagna in-canto dell’Associazione La Stua
Un gruppo di amici accomunati dalla passione per la
scultura, che si divertono a praticare l’arte e a
insegnarla. A loro si deve lo stravolgimento di una triste
cabina elettrica in cemento in un allegro capolavoro
narrativo in legno. Legnetti piccoli e infinitesimali,
pazientemente incastrati a regalare un magistrale intarsio
che racconta la poesia della montagna. Un gioco di immagini
e di parole che alludono alla seduzione per l’occhio e per
l’orecchio, in un sodalizio tra paesaggio e musica. Così,
sullo sfondo di cime maestose, campanili svettanti, alberi
secolari, prati fioriti e fieri cervi danzano le note dello
spartito.

Temp che pasa… tradizion che resta di Giuliano Rattin
Ancora un contributo da parte di un giovane feltrino, che
racchiude in una catasta il senso della vita. La clessidra
chiusa in un abbraccio (o costretta a lavorare
incessantemente?) tra il sole e la luna ammonisce che tutto
inizia e tutto finisce ma che la tradizione non muore mai.

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